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Segretaria, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese diventa legge dello Stato. Cosa ne pensa?
Credo si tratti di un passaggio epocale di democrazia economica per il mondo del lavoro e per l’intero Paese. Finalmente si rende esigibile il diritto dei lavoratori a contribuire alla gestione delle imprese, riconosciuto dall’art. 46 della nostra Costituzione. Ci sono voluti 77 anni, due di mobilitazione e 400.000 firme raccolte. Ma ce l’abbiamo fatta. Il testo mantiene intatte le quattro forme di partecipazione — organizzativa, gestionale, economico-finanziaria e consultiva — indicate nella proposta Cisl. In parte erano già praticate, grazie alla contrattazione nazionale e a quella di secondo livello, ma non in forme strutturate all’interno di un impianto normativo. Oggi, grazie alla nostra Confederazione, abbiamo una riforma organica, che tiene insieme problematiche salariali, di salute e sicurezza, di applicazione dei contratti, di produttività, ma soprattutto di qualità e stabilità del lavoro.
Come questa legge può essere attuata nelle aziende? Ci sono già nella vostra categoria esempi virtuosi?
I lavoratori potranno partecipare alla definizione di processi organizzativi e strategici dell’azienda attraverso i comitati paritetici, che si occupano di innovazione, sostenibilità, formazione, salute e sicurezza, ma anche di processi di riorganizzazione, orari di lavoro e digitalizzazione. Quanto all’aspetto decisionale, potranno esserci dei rappresentanti negli organi di governo dell’impresa. Rispetto al fattore economico-finanziario, si potrà contribuire a definire premi di risultato, azionariato dei dipendenti e welfare aziendale. Come Femca abbiamo integrato già da tempo forme di governance partecipativa, nell’agire quotidiano di rappresentanza e di contrattazione. Basti pensare alla formazione congiunta per la crescita delle competenze, le consultazioni periodiche rese obbligatorie, i protocolli sul welfare aziendale e sulla sicurezza, l’istituzione di organismi paritetici, la bilateralità nella gestione dei fondi integrativi, gli osservatori sui contratti e molti altri utili strumenti.
La maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro è uno battaglia importante che la Cisl porta avanti da tempo. Quali sono secondo lei le strategie da mettere in campo a livello sindacale ma anche imprenditoriale?
Mi faccia dire che è davvero intollerabile la ritualità che accompagna i tre morti di lavoro che si registrano ogni giorno, con cordoglio e rabbia a riflettori accesi e indifferenza, quando le luci si spengono. Di lavoro si deve vivere, non morire. Noi ci sentiamo coinvolti: è nel settore manifatturiero – soprattutto piccole e medie imprese - che accade il 30% degli incidenti mortali. Incidenti che avvengono perlopiù nella catena degli appalti. Come sindacato abbiamo il dovere di pretendere controlli efficaci e regole stringenti, contribuendo a creare una cultura della sicurezza, solida e diffusa, anche nell’anello fragile della catena. Nel CCNL Energia e Petrolio abbiamo messo a regime l’istituzione della figura del Rappresentante alla sicurezza di sito produttivo (RLSP) che gli consente, oltre che di coordinarsi con gli RLS delle ditte in appalto, di allargare le tutele ai lavoratori delle aziende terziste. L’integrazione della cultura della sicurezza nel DNA delle aziende è avvenuta anche grazie ai RLSA che vi operano. Queste figure sono tenute a una formazione continua, ad affinare le capacità di interpretazione delle problematiche e a ingaggiare un confronto con gli RSPP aziendali. Sono persone che hanno maturato competenze solide e devono avere un percorso professionalizzante, con chiari meccanismi di specializzazione. Il loro ruolo andrebbe sottratto al turnover delle elezioni delle RSU, garantendo continuità nella responsabilità su temi così centrali per la qualità dell’ambiente di lavoro. Chiediamo alla politica di agire.
Segretaria nell'ultimo mese avete rinnovato tre contratti importanti: Chimico - Farmaceutico, Energia - Petrolio e in ultimo Gas - Acqua. Qual è il livello di relazioni industriali con le rispettive associazioni datoriali?
Devo dire che relazioni industriali mature sono un fiore all’occhiello di tutta la contrattazione Femca. Abbiamo siglato 20 contratti nazionali, per gran parte nei tempi e con consistenti previsioni migliorative, non solo a favore del potere di acquisto dei salari, ma anche a sostegno della vita extra-lavorativa, della famiglia e del tempo libero. 20 CCNL applicati da quasi 55.000 imprese in tutta Italia, che interessano oltre un milione di addetti e che hanno generato per loro 35 miliardi di euro in retribuzioni solo nel 2023. La qualità del confronto con le controparti, che riparte il giorno dopo aver siglato un rinnovo, è nei fatti e si esprime anche con bilateralità e tavoli paritetici.
Un altro comparto importante che voi seguite come categoria è la Moda che in questo periodo sta vivendo una forte crisi. Quali sono le misure che sollecitate al Governo per il rilancio del settore?
Il settore con 40.000 imprese e 400.000 addetti per circa 60 miliardi di euro di fatturato annuo, rappresenta un pilastro essenziale dell’industria manifatturiera del Paese. Le difficoltà sono rese evidenti da un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari, sia nel comparto industriale che in quello artigiano e delle PMI. Non bastano interventi spot di sostegno al reddito dei lavoratori, non riflettono una prospettiva sistemica di ripresa. Per la difesa e il rilancio della filiera abbiamo chiesto al Governo un programma di investimenti in politiche industriali, a partire da aggiornamento delle competenze, rafforzamento degli ammortizzatori sociali, maggiori garanzie sul credito per le PMI, misure stabili per il Green Deal, per la ricerca, la legalità e il reshoring delle produzioni all'estero.
Garofalo, oggi vi apprestate a celebrare il VII congresso nazionale della Femca Cisl dal titolo “Le parole del cambiamento”. E di cambiamenti in questo periodo il mondo del lavoro ne sta affrontando tanti e ne deve affrontare altrettanti. Quali sono per la Femca le priorità?
La nostra priorità è la persona e la sua centralità, in un contesto lavorativo in continua trasformazione. In tal senso, tra le principali sfide che affrontiamo già, ma che saranno sempre più centrali negli anni a venire, ci sono la gestione dell’intelligenza artificiale e la valorizzazione delle competenze, l’upskilling e il reskilling. Le competenze devono essere coltivate e certificate in tutta la vita lavorativa. C’è poi la grande partita del lavoro dei giovani e delle donne. Su questi temi dobbiamo farci guidare dal coraggio del cambiamento e dalla forza della partecipazione.