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Domani, martedì 12 gennaio (ore 16,00), i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e dei sindacati del settore Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil incontrano a Roma il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi per affrontare il tema rovente del futuro della chimica italiana a fronte della recente decisione di Eni di dismetterla con i suoi stabilimenti di Porto Marghera, Ferrara, Mantova, Ravenna, Brindisi, Priolo, Ragusa, Porto Torres, il Centro ricerche (circa 6000 i lavoratori coinvolti tra diretti e indiretti). Nello stesso giorno previsto un presidio dei lavoratori sotto la sede del ministero dello Sviluppo Economico. Il sindacato non ci sta e intende contrastare il piano di Eni che prevede la cessione di quote di maggioranza detenute da Versalis (il “braccio” chimico del “cane a sei zampe”, n.d.r.) ad un fondo finanziario SK Capital, del tutto inadeguato di fronte all’impegno richiesto dall’acquisto di Versalis stessa: infatti i numeri, e non le parole, dicono che SK Capital ha investito 1,5 mld dal 2009 ad oggi, mentre solo per l’acquisto di Versalis dovrebbe investire una cifra analoga. Torna la “maledizione della chimica italiana”, devastata negli anni ’90 dall’intreccio perverso tra affari e politica, spezzettata nel corso degli anni, ed ora sottoposta alla vendita di quel che è rimasto in favore di un Fondo che non ha né consistenza finanziaria, né tantomeno storia nella chimica. “Si tratta dello smantellamento della chimica italiana – dicono senza mezzi termini Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani, rispettivamente segretari generali di Filctem, Femca, Uiltec, in una lunga dichiarazione proprio alla vigilia dell’incontro – : ci si appresta a chiudere, nell’indifferenza di molti attori, una tra le più importanti pagine dell’industria del nostro paese che ha permesso, attraverso l’integrazione raffinazione/chimica, di offrire una forte spina dorsale all’Italia industriale”. “Non solo si perderebbe – insistono – una filiera strategica, ma il progetto del management del Gruppo farebbe venir meno all’Eni la sua caratteristica di azienda di “sistema” che garantisce l’insieme del ciclo produttivo, dall’estrazione al consumo”. La verità è che “dopo la cessione di quote azionarie di Saipem – aggiungono polemici i tre leader sindacali – Eni si appresta a cambiare radicalmente volto per diventare un gruppo che opera esclusivamente all’estero concentrando le sue attività nella ricerca e nell’estrazione di gas e petrolio, operando di fatto come broker oil”. “Se il Governo – continua la presa di posizione congiunta di Miceli, Colombini, Pirani – dovesse dare via libera a questa operazione di svendita, magari per qualche decimale di dividendo straordinario, si assumerebbe la responsabilità di scrivere la parola “fine” alla storia della chimica italiana. Inoltre il Presidente del Consiglio dovrebbe spiegare agli italiani come sia stato possibile presentarsi alla Conferenza sul clima di Parigi, forte dei propri campioni nazionali di sostenibilità – Eni in testa – pur nella piena consapevolezza che i possibili subentranti escludono investimenti nella “chimica verde” per concentrarsi esclusivamente in quel che resta della chimica tradizionale, con un forte rischio di spezzettamento dell’azienda. L’Italia, senza Versalis sotto il controllo dell’Eni, non sarà in grado di adeguare il proprio processo produttivo in senso “green” e sarà costretta ad importare questi prodotti sostenibili: altro che modernizzazione del Paese!”. “Noi siamo decisamente contrari al ridimensionamento della chimica italiana – concludono i segretari – ma non siamo statalisti, ritenendo anche possibili quote di partecipazione ma finalizzate al rilancio di Versalis. Alla morte annunciata della chimica per via della decisione del Consiglio di amministrazione di Eni noi non ci stiamo, ed è per questo che chiediamo al Governo e alla politica di sostenere la nostra posizione industriale per il bene del Paese”.
su incontro MISE del 12 gennaio