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La legge 335/95, meglio conosciuta come “Riforma Dini” , ha stabilito per i lavoratori aventi meno di 18 anni di contributi previdenziali al 31 dicembre 1995 il passaggio dal sistema retributivo ad un sistema misto retributivo-contributivo. Per i lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996 vale esclusivamente il sistema contributivo.
Ciò implica che mentre il sistema retributivo prevede il calcolo della pensione su di una percentuale calcolata sulla retribuzione degli ultimi dieci anni lavorativi, il sistema contributivo prevede il calcolo della pensione sulla base dei contributi effettivamente versati. Il sistema misto retributivo-contributivo prevede il calcolo con il retributivo per i contributi maturati sino al 31.12.1995 e con il contributivo per gli anni dal 1° gennaio 1996 in avanti.
La conseguenza è che il sistema contributivo e quello misto retributivo-contributivo sono meno favorevoli per i lavoratori. Le stime prevedono per i lavoratori a sistema contributivo una copertura pensionistica intorno al 50% dell’ultima retribuzione contro il 70% precedente.
Per compensare il progressivo abbassamento del tasso di sostituzione (rapporto fra pensione ed ultima retribuzione) sono state introdotte le la forme pensionistiche complementari, disciplinate prima dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n° 124 e poi dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n° 252 per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistemaobbligatorio pubblico, al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
Per questa ragione la pensione “cammina su due gambe”, l’insieme della pubblica e della complementare, che si integrano a vicenda. Il sistema pubblico obbligatorio e quello privato complementare concorrono in maniera diversa , ma ormai indissolubile, alla realizzazione del medesimo risultato: garantire ai giovani una adeguata rendita pensionistica .
È importante che i giovani aderiscano alla previdenza complementare fin dall’inizio della carriera lavorativa. Rimandare, anche di pochi anni, l’inizio dei versamenti significa ridurre l’ammontare della copertura pensionistica complessiva.
La necessità di sostenere il tasso di sostituzione fra il trattamento pensionistico complessivo (obbligatorio e complementare) non sottende soltanto a logiche di equità e giustizia sociale. Un impoverimento relativo della componente sociale “non attiva”, nel futuro, ridurrebbe l’effetto di stabilizzazione dei redditi delle famiglie. La stabilità dei consumi é un fattore fondamentale per il sostegno della crescita economica in Italia.
L’azione contrattuale della Femca, nei vari settori di sua competenza contrattuale, ha progressivamente dato vita ai Fondi di Previdenza Complementare.
Ad oggi i nostri Fondi Pensione sono otto, con circa 380.000 iscritti ed un tasso medio di iscrizione di circa il 65% dei potenziali aderenti.
Nei rinnovi di alcuni dei più importanti CCNL sono state introdotte, per gli iscritti ai Fondi Pensione, prestazioni accessorie quali la copertura assicurativa contro i rischi di invalidità e premorienza con spese a carico delle sole aziende – l’iscrizione dei familiari a carico – l’innalzamento del contributo dei datori di lavoro mantenendo invariato quello dell’iscritto : nostro obiettivo è quello di estendere questi risultati a tutti i nostri Fondi Pensione.