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All’inizio degli anni ‘80 l’allora terza più grande azienda italiana del settore pneumatici, Ceat SpA, si trovò in difficoltà finanziarie. Il suo stabilimento di Anagni, avviato nel 1961, non avendo inizialmente attratto investitori, andò sotto il controllo statale. Il Gruppo Marangoni era già cliente di Ceat dal 1986 e faceva produrre i pneumatici nuovi sulla base di un Offtake-Agreement. Fra gli anni ‘80 e i primi anni ’90, la Marangoni viveva un periodo di grandi trasformazioni: nel 1988 l’azienda venne quotata in borsa e nel 1990 acquisì Ellerbrock in Germania.
Le aziende sono destinate ad ingrandirsi se vogliono contendere il mercato alle concorrenti. Così la fabbrica Ceat venne acquistata per l’equivalente di 10 milioni di euro, ottenendo anche delle sovvenzioni per l’ammodernamento previsto dell’impianto e altri contributi statali per salvaguardare i posti di lavoro ad Anagni, che si trovava nella regione allora ammessa ai finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno.
Ma a partire da i primi anni duemila, si sono registrate perdite per milioni di euro all’anno. L’entrata nel mercato di concorrenti asiatici ed est-europei è stata di enorme impatto ed ha eroso i margini del business dei pneumatici nuovi di Marangoni Tyre, azienda che per i primi 15 anni della sua esistenza aveva avuto una gestione sana e positiva. Ed infatti, oggi, una gomma vettura su tre vendute in Europa viene prodotta in Asia o da produttori asiatici. Di norma, una fabbrica di pneumatici vettura abbastanza moderna può operare con profitto se ha una capacità tra i 5 e 5,5 milioni di pezzi. Se lo stabilimento è più piccolo, ciò è possibile solo a condizione che siano in essere sovvenzioni statali o altre sinergie. Negli ultimi tempi lo stabilimento produceva non più di due milioni di gomme all’anno, di cui circa la metà venivano distribuite in Italia; un altro 20-25% esportate in Germania e Regno Unito e il resto in altri Paesi europei. Troppo poche perché lo stabilimento fosse abbastanza redditizio, specie per un’ un’azienda familiare che opera in un mercato con margini bassi e forti oscillazioni.
Nel 2007/2008 il mercato subì la prima grande crisi strutturale, e le cose peggiorarono progres-sivamente: il solo mercato italiano registrò un calo del 20%. Quest’anno i volumi sono scesi ulteriormente fino a portare alla chiusura. Dopo la pausa estiva, l’azienda non ha infatti più riavviato la produzione ad Anagni. Che ne sarà adesso dei circa 400 dipendenti?
Il 27 agosto è stato siglato un nuovo accordo fra la società Marangoni Tyre SPA e le OO.SS., presenti al tavolo della Regione Lazio. L’attuale assetto prevede la messa in un esodo volontario incentivato verso la mobilità dei lavoratori per una durata massima quadriennale, a fronte dell’individuazione di un nuovo partner industriale interessato al rilevare gli impianti. La Marangoni si è impegnata a cercare un investitore interessato ad acquisire il sito produttivo di Anagni e le attrezzature della piattaforma modulare di Rovereto. L’amministratore delegato ha riferito che sono in corso trattative con società di origine asiatica, che, disponendo già della necessaria capacità produttiva a basso costo, possono produrre direttamente in Europa. Questa iniziativa consente di guardare con più fiducia al futuro dei lavoratori 378, perché alla scadenza del corrente anno della CIG non c’erano alternative concrete.
A seguito di questo accordo Ulderico Marzioni, segretario regionale della Femca-Cisl esprime “soddisfazione per come la vertenza è stata fino ad oggi gestita e auspica l’ingresso di un forte partner industriale che non solo possa confermare le attività industriale tradizionali del gruppo, ma altresì che sviluppare nuovi prodotti innovativi, capaci di recepire ulteriore occupazione”.
La ricerca di nuovi soggetti imprenditoriali sta portando al’enucleazione di due soggetti di calibro internazionale; con tali gruppi le trattative vanno avanti e finiranno presumibilmente il prossimo 30 settembre. Pertanto in autunno saranno programmati dei nuovi incontri per esaminare le possibilità di una ripresa produttiva a seguito della cessione dello stabilimento. Ministero e regione convocheranno le parti sociali per esaminare i nuovi piani industriali. Ennio La Bella della Femca-Cisl Frosinone ribadisce “il ruolo strategico dell’impianto per il territorio del comprensorio di Anagni-Fiuggi, la cui chiusura brutale implicherebbe il doppio danno di una perdita secca di occupazione non rimediabile nel breve periodo, e forse, fatto ancor peggiore, una permanente desertificazione industriale che, a lungo andare causa la recessione economica e dello sviluppo tecnologico di un paese”.