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Volti, mani e corpi da operai ma anche da imprenditori e grandi manager. Facce da geni e visionari che, con le loro intuizioni, trasformano le nostre abitudini e stili di vita. Il lavoro che cambia e “l’arte dell’intrapresa” nello scatto di un fotogramma. La letteratura, il cinema e la televisione hanno sicuramente raccontato, nei decenni, le trasformazioni del mondo del lavoro ma, per la fotografia, è stata (e continua ad essere) una musa di “emotiva” ispirazione.
Abbiamo incontrato Carla Magrelli, 60 anni ben portati, fotografa da sempre e insegnante alla Scuola Romana di Fotografia. Carla dirige anche un’agenzia, la Sie Photo, che tratta soprattutto il tema del lavoro. A lei abbiamo chiesto come sta cambiando e di raccontarci la sua esperienza.
Nella fotografia il lavoro è ancora un tema forte?
“Il lavoro rimane un tema molto forte nel nostro settore. Soprattutto dall’estero, i nostri committenti ci chiedono reportage, servizi e materiale sul lavoro e sulle sue trasformazioni in Italia. Ci chiedono di raccontare la grande imprenditoria ma anche il lavoro come sofferenza, come disagio e valenza sociale. Il lavoro che si perde e si recupera. Le “start up” e i fallimenti. Gli spazi fisici che recuperano e si reinventano. In molti casi come location di produzioni tv e set fotografici.
Come viene raffigurato il lavoro?
Il reportage in bianco e nero è sempre molto richiesto. Del resto, è lo strumento più efficace per rappresentare non soltanto i volti e i dettagli dei protagonisti. Come quel fotoreportage che abbiamo realizzato, tempo fa, per un cliente statunitense su una ragazza che, all’interno della pasticceria del padre, non potendo investire in una propria attività, si è ricavata un angolo e uno spazio e ha lanciato dei prodotti su cui ha messo il proprio imprinting. Il lavoro nel lavoro. La creatività e l’arte dell’arrangiarsi. Servizi come questi sono molto richiesti anche all’estero così come il lavoro nelle aziende della moda, del tessile, dell’industria manifatturiera e del made in Italy in tutte le sue diverse fasi: da come nasce un’idea a come diventa un brand di successo.
Ma i giovani sono sensibili al tema del lavoro?
Assolutamente sì. Basta pensare a quanto positivamente i nostri studenti hanno accolto l’idea di aderire al concorso Fabbriche! Quello del lavoro tra i giovani è un tema molto sentito. I giovani sono perplessi e arrabbiati ma anche sognatori e visionari. Si muovono in un ventaglio ampio che va dal sogno immaginario alla realizzazione concreta dell’idea: dai lavori più umili fino a quelli di alto profilo, che si fondano sull’innovazione, sul business e sull’alta tecnologia. Ma non solo. Nella nostra scuola, infatti, ci sono sia studenti giovani con un’età che parte dai 20 anni sia adulti che superano i 40 anni. Persone, queste ultime, che frequentano master e corsi di formazione su cui riversano la loro esperienza di vita e, in alcuni casi, anche la sofferenza e il disagio di un’esperienza professionale che non è andata a buon fine e che si è conclusa con la perdita del lavoro.
Come vivono il lavoro i giovani?
Nei giovani il concetto di lavoro è un sogno da realizzare, è la proiezione della creatività e di un’intuizione. Credono di più nel lavoro come “intrapresa” e come proiezione del proprio sé. In molti casi, ci confidano di non credere più nell’università come ascensore sociale e come strumento di soddisfazione delle proprie aspettative. L’università per tanti motivi non viene vista più come un tempo…
Le nuove tecnologie stanno stravolgendo il ruolo del fotografo?
La fotografia è cambiata ma mantiene la propria radice. Nella nostra scuola insegniamo ai ragazzi i fondamentali, a lavorare in camera oscura, a realizzare prodotti di “fine-art” ma è chiaro che le nuove tecnologie e il digitale stanno trasformando profondamente la fotografia. Essenzialmente, la fotografia è quella che viene scattata in un determinato momento. Il resto è marginale, anche se ci sono diverse scuole di pensiero su quanto il computer e i software possano intervenire nel confezionamento finale del prodotto.
E il sindacato come viene percepito dai vostri studenti?
Il sindacato è lontano da questi ragazzi. I giovani sono coscienti di essere destinati a rapporti di lavoro precari e saltuari, in molti casi. Ma bene fa il sindacato ad avvicinarsi ai giovani con iniziative come queste, coinvolgendoli e andando a sollecitare i loro diretti interessi. Se si vuole parlare ai giovani bisogna avvicinarsi a loro con quello che conoscono. Questa è l’unica possibilità.
(Ufficio Comunicazione Femca Cisl)
Roma, 18 febbraio 2013