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“Il nostro viaggio sta volgendo al termine ma prima del volo di ritorno ci riserva ancora incontri ed esperienze dense di significato. Lasciamo Puno diretti alla comunità di Picotani, una zona che si raggiunge con circa 4 ore di fuoristrada attraverso un percorso che si snoda sui 4000 metri, regalando paesaggi incomparabili alle nostre menti europee.
La zona è caratterizzata dalla presenza della vigogna, la specie selvatica di camelidi andini che produce la fibra più pregiata e che può fruttare agli allevatori dai 400 agli 800 dollari il kilo. La nostra visita crea grande fermento e molta attesa tra la popolazione locale. Al lettore che ci segue dobbiamo una spiegazione, per meglio comprendere la situazione. Con il nostro piccolo progetto abbiamo innescato una novità nel modello commerciale di queste parti. Per la prima volta un rappresentante di una ditta europea, che trasforma la fibra, si è recato direttamente a far visita agli allevatori, saltando i meccanismi di intermediazione consolidati. Questo crea molte attese e grandi speranze, forse eccessive, tenendo conto che da circa tre anni, a causa dei problemi del mercato finale e quindi del prezzo basso, gli allevatori non hanno venduto un grammo di vigogna.
L’accoglienza è trionfale; scendendo dal fuoristrada siamo accolti in un primo villaggio da una scolaresca festosa che, impugnando la bandiera italiana e la bandiera peruviana, ci saluta e ci conduce a visitare il centro di raccolta e selezione della fibra di alpaca. Orgogliosi, ci mostrano i locali e la turbina idroelettrica che fornisce energia al villaggio.
Si prosegue verso il centro principale di Picotani a quota 4700, dove è stato organizzato l’ ingresso con un arco di “simil alloro” degno degli imperatori romani. Peccato che il nostro arrivo coincida con una benedizione dal cielo sotto forma di fitta grandinata che crea qualche problema. Il locale che ci accoglie è pieno di allevatori e delle loro famiglie in festa, con balli e musiche a cui partecipiamo con grande entusiasmo, dimenticando i problemi dovuti all’altitudine che si fanno sentire dopo lo sforzo. In nostro onore viene svolto il “chaccu” (la tradizionale cattura annuale delle vigogne che vengono “accerchiate” e spinte in un recinto dalla popolazione), la successiva tosatura e il “matrimonio delle vigogne” (un rito propiziatorio per ringraziare la “pachamama-madre terra” e chiedere, anche per l’anno successivo, un alto numero di cuccioli).
Inizia poi, con tutta la comunità, un confronto per gettare le basi di un possibile acquisto diretto, da parte della Ditta Piacenza, di un lotto di vigogna. Anche se siamo sindacalisti abituati alla trattativa, restiamo affascinati dalla modalità della discussione. E’ evidente che gli allevatori, per quanto organizzati, si stanno misurando per la prima volta in una negoziazione diretta con una impresa di trasformazione; emergono dubbi e incertezze che richiedono più volte spiegazioni e rassicurazioni.
Cala la sera e in una stanza semibuia si decide di aggiornare la trattativa al mattino seguente mentre fuori la grandine ha lasciato il posto alla neve. Andiamo nella nostra dimora notturna che, purtroppo per noi, sarebbe stata riscaldata da stufe elettriche, se la nevicata non avesse fatto “saltare” l’impianto; con l’ausilio di candele prendiamo possesso delle nostre gelide stanze e andiamo a dormire.
L’indomani, di buon ora, riprende la trattativa che si conclude con la formalizzazione delle reciproche intenzioni e impegni, finalizzata ad un possibile acquisto diretto di fibra di vigogna.Scendendo dall’altopiano facciamo sosta ad Ananea, centro minerario informale gestito da cooperative ed associazioni di minatori che però sfuggono all’applicazione delle norme previste per questo settore, con conseguenze ambientali e di regolamentazione complessiva.Siamo arrivati lì guadando due “ridenti torrentelli” il cui livello dell’acqua arriva a metà della portiera dei fuoristrada.
Tornati a Puno partiamo per Arequipa dove visitiamo l’azienda Inca Tops, una delle due imprese che detiene praticamente il monopolio della prima trasformazione ed esportazione di queste fibre nobili.
Ci accolgono con cortesia e disponibilità in una azienda “made in Biella” (per impianti e formazione dei dirigenti), che dà lavoro a circa 1.700 persone (in buona parte donne) nei momenti di maggiore attività e che appare per organizzazione e tecnologia una azienda italiana.
Il viaggio volge al termine, ci apprestiamo a fare gli ultimi acquisti e a preparare i bagagli…….già immaginiamo il rientro: lasciamo i monti andini per i “18 Monti italiani”