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LEGGI. La notizia diffusa dall’Ansa
Il negoziato per l’arrivo di un nuovo investitore nello stabilimento Omsa (Golden Lady) di Faenza (Ravenna) sarebbe già a buon punto. È quanto fa sapere il segretario generale aggiunto della Femca Cisl, Sergio Spiller, al termine dell’incontro al ministero dello Sviluppo economico sulla vertenza Omsa. Oggi, spiega il sindacalista, “è arrivata la conferma dell’esistenza di nuovo soggetto interessato” e “la trattativa per il subentro sarebbe in stato avanzato, mancherebbero da definire solo alcuni aspetti relativi a finanziamenti”.
Inoltre, aggiunge Spiller, si tratterebbe di una realtà “italiana e, stando a ciò che dicono da più parti, anche seria e credibile”. Insomma, evidenzia Spiller, appare come un soggetto in grado “di riassumere parte degli ex dipendenti Omsa”, mentre per i lavoratori che resterebbero “ci sono possibilità di occupazione sul territorio”.
GUARDA. Tg Cisl (del 1 febbraio)
GUARDA. Mattina Cisl (L’intervento di Sergio Spiller del 2 febbraio)
LEGGI. L’articolo di Sara Martano (tratto da Conquiste del Lavoro.it)
Spiragli per il futuro occupazionale delle 237 lavoratrici della Omsa di Faenza. L’incontro di stamane al al ministero dello Sviluppo Economico ha dato i suoi frutti e ha posto in essere un persorso importante per bloccare l’incubo della mobilità che incombeva sulle teste delle lavoratrici alla scedenza della cassa integrazione straordinaria il 14 marzo.
E’ stato, infatti, firmato un verbale di intesa che prevede un incontro al ministero del Lavoro entro metà febbraio dove sarà richiesta, da parte dell’azienda, la cassa integrazione in deroga per un progetto di riconversione serio ed avanzato.
Le nuove speranze per le lavoratrici Omsa da due anni in cassa integrazione si basano su un progetto già concreto di un imprenditore locale attivo nel settore del mobile (non si conosce per il momento il nome) che ha fatto un offerta per l’acquisto dei capannoni e la riconversione dello stabilimento con l’impegno ad assumere anche una parte delle lavoratrici Omsa.
“Ora – commenta a conclusione dell’incontro Sergio Spiller, segretario generale aggiunto Femca Cisl – restano da definire le modalità attraverso cui vengono fatti i finanziamenti, ma i progetti industriali sono già definiti e siamo in una fase avanzata”. Per altre lavoratrici che non rientreranno in questo progetto si stanno già predisponendo con il Comune di Faenza altre opportunità concrete di rioccupazione.
L’incontro – ribadisce Spiller – è stato molto proficuo ed in particolare condiviso da tutte le parti. Già domani, l’azienda farà richiesta di incontro al ministero del Lavoro per ottenere la cassa integrazione in deroga, dopo ancora ci incontreremo nuovamente al ministero dello Sviluppo Economico”.
Soddisfatto anche il sindacato territoriale: “Grazie al nostro impegno – sostiene Lorenzo Zoli, segreatrio generale Femca Ravenna – siamo riusciti ad arrivare ad una soluzione che non penalizza l’industria territoriale, anzi la valorizza attraverso questo nuovo progetto di riconversione che rappresenta un valore aggiunto per il territorio faentino e riconsolida una realtà manifatturiera locale che negli ultimi anni è stata falcidiata dalla perdita di molti posti di lavoro”.
Una crisi quella della Omsa, non legata a difficoltà economiche dirette, ma solo ad una maggiore convenienza per aumentare i profitti. E sì, perchè Nerino Grassi, fondatore della Golden Lady, che detiene il marchio Omsa oltre a quelli tra gli altri di SiSi, Filodoro, Philippe Matignon, già nel 2010 aveva annunciato la cessazione di attività e il conseguente trasferimento di tutta la produzione in Serbia. Perchè? Lo spiega molto chiaramente lui stesso in un’intervista alla Gazzetta di Mantova. In Serbia si può usufruire di sgravi fiscali dai 5 ai 10 mila euro per ogni posto di lavoro creato, esenzioni doganali, risparmio del 60% sul costo dell’energia. E non è tutto. Lì gli operai gli costano meno. Insomma ancora un pezzo di storia industriale italiana che se ne va. E il nostro Governo che riesce a metter in campo poco o niente per arginare questa emoraggia di aziende che preferiscono investire all’estero. E a farne le spese i lavoratori.
(1 febbraio 2012)